lunedì 29 giugno 2015

Inaugurato l'Ufficio del Garante per l'Infanzia e l'Adolescenza della città di Palermo. E' l'inizio

Oggi, alla presenza del Sindaco Leoluca Orlando, degli Assessori Barbara Evola, Agnese Ciulla, Luciano Abbonato, del presidente del Consiglio comunale Salvatore Orlando, delle Autorità Locali, del Volontariato e di Rappresentanti del CeSVoP, è stato inaugurato l'Ufficio del Garante per l'Infanzia e l'Adolescenza della città di Palermo.
Il Sindaco Orlando, ricordando che i locali sono un bene confiscato alla criminalità organizzata, tra l’altro ha affermato che quanto prima avranno vita le Consulte Cittadine e la prima sarà quella dei Disabili in onore del compianto e stimato Salvatore Crispi, presidente del Coordinamento H.
Il Garante  Sig. Pasquale (Lino) D' Andrea è stato nominato dal Sindaco secondo il regolamento approvato dal Consiglio Comunale. Lo stesso, affermando che la creazione dell’Ufficio è solo l’inizio di un percorso da intraprendere, ha lamentato la stasi burocratica della Regione Siciliana che da più di un anno non finanzia progetti a titolarità della 285, legge 28 agosto 1997.
Gli Assessori Evola e Ciulla hanno ricordato come l’iniziativa di “Palermo Città educativa” è stata anche un trampolino di lancio, oltremodo positivo e partecipato, per consolidare la necessità e la volontà di istituire il Garante per l’infanzia e l’adolescenza.

Il Movimento dei Cittadini Sicilia ha desiderato presenziare in quanto è proprio dall’infanzia e dall’adolescenza che si creano i presupposti per divenire veri CITTADINI e quindi vivere in una città migliore o quanto meno NORMALE.

Il Garante durerà in carica quattro anni ed opererà a titolo gratuito.  Affronterà i compiti previsti dall'art.3 del Regolamento approvato dal Consiglio Comunale (sito del Comune di Palermo - Statuto e Regolamenti - Area tematica Cittadinanza sociale.
L’Ufficio del Garante riceverà nei giorni di lunedì, martedì e giovedì dalle ore 9,30 alle ore 12,30 presso la sede in via Catania n. 146.

Recapiti telefonici 091.7404180 e 091.7404181.

sabato 27 giugno 2015

Presentato l’8° Rapporto di aggiornamento sul monitoraggio della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia, anno 2014-2015.

vent'anni esatti dal primo Rapporto sullo stato di attuazione della CRC, inviato dall'Italia al Comitato ONU per la Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, “il sistema organico di politiche per l’infanzia” su cui il nostro paese si era impegnato con la ratifica della Convenzione non è stato realizzato. Il Gruppo CRC con la pubblicazione dell’8° Rapporto di aggiornamento prosegue il monitoraggio dell’attuazione in Italia della Convenzione ONU sui diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza (CRC) e dei suoi Protocolli Opzionali, intrapreso a partire dall'elaborazione del 1° Rapporto Supplementare nel 2001. In questi quindici anni di lavoro il Gruppo CRC ha pubblicato otto Rapporti di aggiornamento annuale e due Rapporti Supplementari che sono stati inviati al Comitato ONU per contribuire insieme al Rapporto governativo all'analisi dello stato di attuazione della Convenzione in Italia. La pubblicazione annuale testimonia la costanza e l’impegno assunto dalle 90 associazioni nel garantire un aggiornamento puntuale dell’attuazione dei diritti dei bambini e degli adolescenti nel nostro Paese. In vista dell’imminente adozione del IV Piano Nazionale Infanzia il Gruppo CRC auspica che i contenuti del Rapporto possano arricchire il suddetto Piano e contribuire alla definizione delle azioni necessarie.
leggi o scarica il rapporto:

lunedì 22 giugno 2015

in ricordo perenne di Salvatore Crispi

Grande Amico, grande Maestro e grande Volontario, ci ha lasciato, come al suo solito, "senza disturbare"...
Fautore di tante lotte e di tante azioni a favore dei disabili.
Uomo di immensa umanità e cultura, possedeva una visione globale e mai settoriale.
Nonostante la sua disabilità, girava la Sicilia ed anche l'Italia per portare il suo contributo, le sue conoscenze, il suo bagaglio personale.
Un esempio per tutti di grande volontà e nonostante il periodo di stasi, per non dire involutivo, delle politiche sociali, non si dava per vinto, continuando a lottare ed offrire, attraverso la sua sapienza e saggezza, una parola di conforto per tutti.
Piace ricordarlo sorridente, perché sia da esempio per tutti noi che, anche se viviamo "momenti" poco sereni, dobbiamo superare gli ostacoli e le barriere che la vita ci presenta.
Lo ha dimostrato, anche, quando ha perso la madre con la quale viveva ed aveva legame oltremodo particolare. Anche in questa circostanza è riuscito a reagire e continuare nei suoi appelli, nelle sue lotte che poi erano a favore di tutti i disabili.
Ha portato avanti leggi ed il Piano triennale, e riteniamo che se la classe politica è veramente costernata per la sua scomparsa, deve attuare quanto giace in cantiere, perché, a suo dire, le leggi esistono ma purtroppo non vengono applicate.
Al fratello Maurizio, l'invito di non togliere il profilo FB. 
A Graziangela Melotti, l'invito di continuare il prezioso sostegno e la professionale e sentita collaborazione.
Alle Associazioni di Volontariato l'invito di fare sentire con più forza e veemenza la propria voce per reclamare i diritti negati. 
Alle Associazioni aderenti al Coordinamento H di continuare, eleggendo una persona degna di sostituire il caro ed amato Salvatore e tutte le tipologie di disabili.
Alla classe politica di dimostrare con fatti ed azioni concreti la parità, ricordando che trascorrere delle ore con una Persona disabile e ben diverso che occuparsene per 24 ore, per mesi, per anni.
A tutti l'invito di dedicare il prossimo 3 dicembre e negli anni a venire a Salvatore Crispi perché lo merita ed andrà sempre ricordato.
Vincenzo Marino

domenica 21 giugno 2015

Francia, troppo cibo sprecato. Il governo ai supermercati: "Bisogna darlo ai poveri"

Necessita imitare le leggi virtuose. Lo spreco alimentare deve essere un reato.
L'Italia deve legiferare e mettere in pratica le buone prassi di altre Nazioni.

Ogni anno trenta chilogrammi di alimenti buttati per ogni cittadino.
Il parlamento corre ai ripari: la grande distribuzione dovrà fare beneficenza.



PARIGI - Dovranno adottare misure per poter dare il cibo in eccesso ai poveri. Francia, la lotta contro lo spreco alimentare parte dai supermarket e dai grandi centri commerciali. Il parlamento francese, infatti, discute in questi giorni una serie di provvedimenti per impedire quello che il socialista Guillaume Garot ha definito come "un vero e proprio scandalo". Giudizio netto, reso inattaccabile dalle cifre: ogni anno, in media, ciascun cittadino francese spreca dai 20 ai 30 chilogrammi di cibo. La soluzione passa attraverso la solidarietà: la grande distribuzione dovrà donare il cibo in eccesso ai poveri.
Una questione culturale (e qualche critica). E per risolvere il problema non si va solo alla fonte, ai luoghi nei quali il cibo viene venduto. Ma si allarga la prospettiva. Tra le misure approvate, infatti, anche una serie di indicazioni per realizzare un programma di educazione alimentare che coinvolgerà i francesi sin dai primi anni di scuola. Tutti d'accordo? Ovviamente no: a criticare la decisione del Parlamento soprattutto la Federazione del Commercio e della distribuzione: "La legge è sbagliata", commentano. Il motivo: "Solo il 5% del cibo sprecato arriva da supermarket e dalla grande distribuzione". Critiche che non fermano il governo francese. L'obiettivo è quello di dimezzare lo spreco di cibo entro il 2025.
In beneficenza. La nuova normativa non si applicherà indistintamente a tutti i supermercati. A dover osservare le nuove regole saranno soltanto gli ipermercati di oltre 400 metri quadrati, i titolari dei quali avranno l'obbligo di concludere un accordo con un ente di beneficenza, al fine di agevolare le donazioni alimentari. Secondo numerose associazioni, il valore del cibo sprecato va dai 13 ai 22 miliardi di dollari l'anno.
Niente sprechi. Neanche al ristorante. Non solo. La norma sullo spreco di cibo rientra all'interno di una legge che ridisegna le politiche ambientali ed energetiche della Francia. Legge che prevede altri obblighi che riguardano chi si occupa di distribuzione e vendita di cibo. Come quella per promuovere l'uso delle doggy bag: le bustine per portar via il cibo che non si riesce a consumare al ristorante.
E in Italia? Le ultime stime sono riferite al 2014. Il valore economico dello spreco alimentare "domestico" sarebbe pari a 8,1 miliardi di euro. Inoltre, 2 milione di tonnellate di cibo vanno perse nella trasformazione industriale e 300 mila tonnellate nella fase di distribuzione. I prodotti non raccolti: il cibo "lasciato sul campo" ammonta a 1,4 milioni di tonnellate: il 3% della produzione agricola nazionale". In Parlamento, i deputati Maria Chiara Gadda e Massimo Fiorio, Pd, si sono fatti promotori di "una legge per limitare gli sprechi, utilizzare consapevolmente le risorse e promuovere la sostenibilità ambientale". E' stata presentata lo scorso 17 aprile.
http://www.repubblica.it/ambiente/2015/05/22/news/francia_troppo_cibo_sprecato_il_governo_bisogna_darlo_ai_poveri_-115011536/?refresh_ce



mercoledì 17 giugno 2015

Storie di Migranti

Nell'attuale periodo i migranti sono al centro dell'attenzione.
Sembra che nessuno vuole accoglierli e la politica e gli Stati europei si schierano a favore o contro.
Per tale motivo riportiamo due articoli (uno di mesi fa) nei quali viene evidenziato che se si vuole si può. E non solo per i migranti...

Elias Orjini e Mohammed Sabaly dalla carretta del mare al mondiale di vela (05 giugno 2015)

Elias musulmano del Gambia e Mohammed, cattolico del Ghana fanno parte dell'equipaggio dell'Ottovolante.

Due migranti giunti in Sicilia a bordo di due barconi fatiscenti, Elias Orjini, ghanese, 26 anni, cristiano, e Muhamed Sabaly, gambiano, di 19, musulmano, parteciperanno insieme ad un equipaggio di skipper siracusani, a bordo della barca "Ottovolante", al Campionato mondiale di Vela 2015 in programma a Barcellona dal 27 giugno al 4 luglio.
La barca ha lasciato il porto di Siracusa il 15 giugno. L'iniziativa, che vuole essere un segnale dopo la vicenda dei cristiani gettati in mare dai musulmani durante una traversata, è stata presentata  nel Comune di Siracusa, che l'ha sostenuta insieme al Comune di Pozzallo (Ragusa), alla presenza, tra gli altri, dell'assessore regionale alle Infrastrutture e ai Trasporti Giovanni Pizzo e dei sindaci di Siracusa e Pozzallo, Giancarlo Garozzo e Luigi Ammatuna.
I due migranti sono stati selezionati dalla Comunità Sant'Egidio di Catania, della quale sono ospiti. Elias, fuggito dal Ghana, è scampato al naufragio del suo barcone nel quale hanno perso la vita 350 migranti. Muhamed è arrivato sulle coste siciliane con un barcone approdato a Siracusa il 28 settembre 2013.
Ha impiegato tre anni per arrivare in Libia. "Risalire su una barca - ha detto Elias - è stata una forte emozione. Adesso il mio rapporto con il mare è completamente diverso. Mi piace ascoltare in silenzio il rumore delle onde, del vento che fa muovere le vele. E poi le risate con i miei nuovi compagni di viaggio che mi aiutano ad allontanare il ricordo delle urla e dei pianti che facevano da sottofondo al mio primo viaggio dalla Libia verso la Sicilia". "I giorni della settimana che preferisco - ha detto Muhamed - sono quelli in cui ci alleniamo.
Mi piace stare con i miei compagni d'equipaggio che in questi mesi sono riusciti ad insegnarci manovre che inizialmente ci sembravano complicatissime. Ma soprattutto ci hanno insegnato ad amare e rispettare il mare". "Una scelta voluta - ha detto l'assessore Pizzo - un abbraccio fra religioni e civiltà. Questo è un progetto che parla di politica con la P maiuscola, di vita e di amicizia.
Questo è l'unico vero motivo per cui penso che è bello ed utile fare politica: dare segnali di cambiamento, riportare in rotta ciò che sta andando fuori".
ANSA/AP Photo/Carmelo Imbesi
http://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2015/06/16/elias-orjini-e-mohammed-sabaly-dalla-carretta-del-mare-al-mondiale-di-vela_025deef4-373a-4bf6-afb9-f94ff4423534.html

Il primo hotel al mondo gestito da rifugiati
27 febbraio 2015
In pieno centro città, l'albergo Magdas accoglie i turisti nei suoi ambienti raffinati e dotati di tutti i comfort. A curare ogni aspetto dell'accoglienza, impiegati, camerieri e concierge che provengono da 14 nazioni e hanno inoltrato richiesta di asilo. Un hotel nel centro di Vienna, arredato in stile e decorato dalle opere degli studenti dell'Accademia di Belle Arti, a un passo dal Prater e dalle rive del Danubio. Sembrerebbe un bel posto come tanti, ma l'hotel Magdas non è un albergo qualunque: aperto per iniziativa della Caritas austriaca, fornisce posti di lavoro ai rifugiati. Qui infatti l'80 per cento del personale è costituito da persone in fuga da guerra e persecuzioni, che hanno richiesto asilo o già ottenuto lo status di rifugiati. Molti di loro hanno alle spalle specifiche esperienze nel settore turistico, conoscono le lingue e sono qualificati, altri invece sono ragazzi che devono imparare un mestiere; tutti però faticavano a trovare un'occupazione nel paese a causa delle complesse pratiche burocratiche che dovrebbero garantire un permesso di lavoro.
Nel frattempo l'hotel Magdas offre a loro l'occasione di mettersi alla prova e guadagnare uno stipendio, e ai turisti di essere accolti in una struttura tanto bella esteticamente quanto stimolante dal punto di vista umano. I dipendenti già assunti (alcuni sono in posa nella foto) provengono da 14 nazioni, e come si legge sul sito dell'albergo "hanno storie di vita molto diverse da raccontare". Dal punto di vista giuridico l'hotel Magdas – che non chiede né riceve alcun contributo pubblico, ma è alla caccia di sponsor - è un'impresa sociale, ovvero un'impresa for profit il cui scopo dichiarato non è la massimizzazione dei profitti ma "la massimizzazione dell'apertura e dell'umanità".

martedì 16 giugno 2015

A che punto è la lotta alla dispersione scolastica?

Le criticità sono evidenti in special modo nella ns. Regione. 
La politica non riesce ad attivarsi al fine di procedere attraverso politiche attive ed adeguate. 
Scuola e Sanità non possono essere gestiste come aziende private.

di Walter Moro del 15 giugno 2015

Vorrei inquadrare il problema della dispersione partendo da alcuni dati: l’Italia entro il 2020 deve abbattere la dispersione di 10 punti percentuale, questo significa che il nostro Paese in soli cinque anni dovrebbe garantire il 90% di diplomati contro una media attuale che si assesta intorno al 70%. Se si disaggregano i dati, la dispersione risulta più accentuata nel mezzogiorno, con punte del 30% e, in particolare, il tasso più elevato si registra negli istituti tecnici e negli istituti professionali; interessa inoltre più la componente maschile rispetti a quella femminile e la percentuale di dispersione diventa significativa quando riguarda gli alunni di nazionalità straniera.

Nel novembre scorso la VII Commissione della Camera dei Deputati ha pubblicato sulla dispersione un rapporto dettagliato e l’on. Santerini, da me intervistata, ha proposto al Governo “di istituire una unità di crisi, una task force”, capace di mettere in relazione le istituzioni (Miur, il Ministero del lavoro, le Regioni, gli enti locali, le associazioni…) per affrontare in modo coordinato e sistemico il fenomeno della dispersione. Di questa proposta sinora non c’è stata una traduzione operativa.

Nel Disegno di Legge in discussione al Senato ci sono alcuni passaggi che richiamano la necessità di intervenire sul tema della dispersione, ma non ci sembra che questo argomento così rilevante anche sul piano socio-economico, venga data una priorità specifica.

Partiamo allora da questo punto, dai costi economici e sociali che il fenomeno della dispersione determina. Lei ha messo in evidenza nella ricerca che ha curato per We World insieme alla fondazione Bruno Trentin e alla Fondazione Agnelli proprio questo aspetto, può spiegare qual è il costo della dispersione per il nostro Paese?

Occorre anzitutto distinguere tra costo individuale e costo collettivo. Nel primo caso è rilevante capire quanto costa, in termini sociali, occupazionali e di welfare state la diversa carriera lavorativa di una persona meno istruita e formata. Nel secondo caso invece si deve ragionare sul costo collettivo del fenomeno della dispersione, ovvero quanto la collettività si fa carico nei termini di cui sopra di una popolazione che in vecchiaia appare più indigente, anche a causa di una posizione più precaria e potenzialmente tendente a disoccupazione e inoccupazione.

Le ipotesi di costi veri e propri, tuttavia, sono spesso azzardate, poiché si tratta di immaginare se una platea di un milione di individui senza un titolo di studio secondario possa o meno avere, una volta raggiunto un livello tale di istruzione, le stesse possibilità dei cittadini istruiti.
Le ipotesi, in uno scenario ottimale e positivo porterebbero a ritenere possibile un incremento del PIL tra l'1 e il 4%. Tale stima tuttavia dovrebbe essere corretta al ribasso, poiché buona parte di coloro che hanno una bassa scolarità presenta appunto problemi di collocabilità nel mondo del lavoro: non possiamo sapere se con un titolo di studio adeguato costoro sarebbero in grado di risolvere tali problemi.

Dalla pubblicazione della ricerca da lei curata e titolata come un famoso serial televisivo americano, “Lost”, emerge che il tasso di abbandono scolastico in Italia è decisamente superiore rispetto ai dati ufficiali di Eurostat. Da cosa dipende questo scostamento? Quali sono i dati “reali” relativi al tasso di abbandono in Italia?

Nel nostro Paese il tasso di abbandono è superiore che altrove, ma va analizzato in modo diverso, a seconda degli indici di cui disponiamo.
In base all'Eurostat Early School Leavers - che conteggia i cittadini che tra i 18 e i 24 anni non hanno raggiunto alcun titolo di formazione secondaria, né percorsi di formazione professionale, o qualifiche biennali e triennali, o formazione su lavoro nell'ultimo mese - la percentuale si attesta per l'Italia intorno al 15-16%.

Secondo l'OCSE invece i tassi di abbandono sono decisamente maggiori, poiché vengono conteggiati solo i livelli di istruzione secondaria che potenzialmente conducono all'università o alla formazione terziaria (escludendo di fatto le qualifiche professionali di due o tre anni). In questo secondo caso la percentuale del nostro Paese si attesta attorno al 30%. Considerando tuttavia che gli obiettivi di Lisbona 2020 impongono il raggiungimento della percentuale del 40% di cittadini con titolo di studio terziario, si rende necessario ragionare sulla sequenzialità del processo formativo e soffermarsi più attentamente sui dati OCSE, che osservano il numero di persone prive di un’istruzione secondaria necessaria per accedere ad una eventuale istruzione terziaria.

Nella ricerca viene data particolare rilevanza al terzo settore. Quali sono gli elementi maggiormente significativi che emergono dalla ricerca?

In base alla recente ricerca sono emersi diversi elementi interessanti. Colpisce anzitutto la straordinaria eterogeneità di questo settore: si va dagli interventi strutturati di Save the children, alle formule semplici ed estemporanee ma ancora efficaci dei vari dopo scuola parrocchiali. Si osservano altresì differenze territoriali e assenza o presenza di sinergie coi vari enti a seconda dei contesti.
Al nord, per esempio, il recupero scolastico è attività naturalmente presente e ben strutturata, mentre al sud è in genere una pratica declinata come fenomeno di aggregazione giovanile.

Contesti diversi producono ovviamente esiti diversi e una programmazione delle attività molto differenziata che spesso deve occuparsi di problematiche estremamente variegate.
L'aspetto più significativo su cui porre l'accento è infatti relativo alla flessibilità del terzo settore e alle numerose attività disponibili: dal recupero scolastico all'integrazione di stranieri e disabili, dall'inserimento di ragazzi provenienti da strutture carcerarie all'aggregazione sportiva e culturale, dall'organizzazione di gite scolastiche alle attività in biblioteca, ai percorsi laboratoriali, all'inserimento di minori nomadi e Rom ... E così via.
Per ognuna di queste attività un’istituzione pubblica dovrebbe deliberare bandi appositi ed individuare esperti. La peculiarità del terzo settore permette invece di agire su più linee d’intervento in contemporanea, anche grazie al volontariato e alle numerose collaborazioni di giovani e personale, purtroppo precario, al suo interno.

Quali dovrebbero essere i punti di intervento da parte delle istituzioni pubbliche (parlo delle scuole, degli enti locali, della regione e del governo) per contrastare in modo efficace la dispersione scolastica?

Una vera lotta alla dispersione dovrebbe anzitutto partire dall’abolizione delle bocciature come unica strategia. Esse, infatti, non solo non risolvono i problemi alla radice ma, al contrario, contribuiscono spesso a rendere accidentati i percorsi dei futuri drop out.
Ciò detto, è anche vero che i ragazzi a rischio smetterebbero probabilmente di frequentare a prescindere dall'insuccesso scolastico.

In zone deprivate si potrebbero quindi attivare sperimentazioni: l'erogazione di sussidi in base alla presenza del minore a scuola (attuate in ambiente anglosassone con successo parziale) potrebbe essere una possibilità. In Italia si è tentato di attuare il cosiddetto reddito di inserimento, ma senza poi una analisi approfondita delle ricadute.
Anche consentire l'utilizzo delle scuole in orario extrascolastico potrebbe rivelarsi efficace: in tal modo spazi culturalmente attivi potrebbero fungere da luoghi importanti di aggregazione giovanile, estremamente richiesti soprattutto al sud e nei contesti più difficili.

Un'ulteriore - e ancora più efficace - linea d’intervento potrebbe essere la ristrutturazione dei percorsi scolastici, attraverso la creazione di un biennio unificato di scuola secondaria di secondo grado che consenta una scelta più consapevole dei percorsi e degli indirizzi a 16 anni; si eviterebbe così una canalizzazione precoce dei destini dei quattordicenni, spesso ancora acerbi e immaturi per affrontare una scelta così importante e destinati in tal modo a subire l'eventuale contraccolpo di decisioni affrettate o sbagliate.


Per approfondire: Associazione Bruno Trentin, Fondazione Giovanni Agnelli, We World Intervita, “Lost – dispersione scolastica: il costo per la collettività e il ruolo di scuole e terzo settore”, Ediesse.

giovedì 4 giugno 2015

Malattie rare, quali diritti in ambito lavorativo?

E’ ora disponibile la  “Guida ai diritti ai diritti esigibili e alle agevolazioni in ambito lavorativo per le persone con malattia rara” ,realizzata dall'associazione Uniamo Fimr (Federazione italiana malattie rare onlus) grazie al progetto CAROSELLO, finanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ai sensi della legge 383/2000 e realizzato in collaborazione con 30 partner tra istituzioni pubbliche e private del settore delle malattie rare.
Al progetto hanno fin da subito aderito le regioni Basilicata, Campania, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Molise, Piemonte, Puglia, Toscana, Umbria, Valle d'Aosta e Veneto, a cui si sono aggiunte molte altre realtà, tra le quali Regione Lombardia. Con tutti i partner, spiega UNIAMO “si è condiviso che uno dei problemi principali per i pazienti affetti da patologia rara è la difficoltà di orientamento nel sistema e quindi l'accesso alle informazioni”. Per superare questo primo ostacolo, secondo la Uniamo Fimr, “è fondamentale essere correttamente indirizzati nell’accesso ai servizi sanitari, socio-sanitari e sociali per favorire, di conseguenza, la inclusione sociale delle persone con malattia rara”. Con questo obiettivo le informazioni raccolte sono state sistematizzate nella Guida, che sarà a breve scaricabile anche dai siti www.uniamo.org, e su www.malatirari.it.
Altro punto critico è stato riscontrato nella complessità di valutazione delle malattie rare in sede di commissione per il riconoscimento dell’invalidità civile, dell’handicap e della disabilità che rappresentano passaggi obbligati per poter accedere alle facilitazioni previste dal Sistema di inserimento lavorativo attualmente normato dalla Legge n. 68/1999. In questo ambito un traguardo importante raggiunto dal progetto è l'aver condiviso con il Coordinamento Generale Medico Legale dell’INPS e con le Regioni “l’impegno a lavorare nei prossimi mesi insieme alla Federazione per disegnare un nuovo modello organizzativo ed elaborare, indicazioni, per gruppi di patologie, atte a supportare la corretta valutazione delle persone con malattia rara in sede di commissione di invalidità”.
Per rendere concreto tutto questo percorso nel mondo dell'inclusione lavorativa delle persone con disabilità la Federazione vuole diffondere e collaborare nella trasferire “una buona pratica in un’azione di sistema”. “L'adozione lavorativa", promossa dalla Provincia di Lecco" è uno strumento che consente alle persone disabili portatrici di gravi disabilità di poter accedere al mondo del lavoro attraverso l’adozione lavorativa:  gli oneri sociali derivanti dall'inserimento occupazionale delle persone disabili sono sostenuti dalle aziende soggette all'obbligo. “La procedura – spiega l’Uniamo Fimr -prevede che l’impresa, invece di chiedere l'esonero perché non riesce ad assumere una persona disabile, stipuli una convenzione ai sensi dell’art. 11/Lg. 68/99 e sottoscriva un “Patto di adozione lavorativa” in cui si impegna a sostenere l’integrazione di uno o più lavoratori disabili in un contesto di inserimento, preferibilmente, nel comune di residenza e coerente alle aspirazioni e alle capacità lavorative della persona” (scarica la guida).
Oltre 200 le persone disabili che hanno trovato un inserimento lavorativo nell’ultimo anno grazie a questa opportunità offerta dalla Provincia di Lecco; delle 400 persone seguite in questi anni, 80 hanno sottoscritto  un regolare rapporto di lavoro, nonostante il periodo di crisi.
scarica la guida:  


Uno sforzo in più e tutti i bambini giocheranno

Per la città di Palermo un ottimo esempio da realizzare. 
La città ha bisogno di luoghi ludici per i bambini ed adottare l'articolo 30 della Convenzione ONU su diritti delle persone con disabilità.

Bene ha fatto il Sindaco di Modica (Ragusa) a mobilitarsi per attrezzare la città siciliana con luoghi ludici per i bambini, «ma perché non pensare anche a dei giochi accessibili?». A chiederlo è l’ANFFAS di Modica, che ricorda come la propria città abbia adottato ormai da tempo la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, e oltre a mettersi a disposizione dell’Amministrazione Comunale, sottolinea che «basterebbe pensare a qualche giostrina accessibile»
«Visto che si sta mobilitando per costruire dei luoghi ludici per i bambini, perché non renderli accessibili anche ai bambini con disabilità?».
Questa semplice domanda viene posta dall’ANFFAS di Modica (Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale) al Sindaco della città in provincia di Ragusa, che viene appunto elogiato «per avere attrezzato la città permettendo ai nostri bambini di poter giocare in spazi aperti», ma anche invitato a ricordare, ad esempio, che «un bel po’ di tempo fa il Consiglio Comunale della nostra città ha adottato la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, la quale, all’articolo 30 (Partecipazione alla vita culturale, ricreativa, agli svaghi ed allo sport) ricorda tra l’altro il dovere di “garantire che i minori con disabilità possano partecipare, su base di uguaglianza con gli altri minori, alle attività ludiche, ricreative, agli svaghi ed allo sport”».

«Non è necessario costruire un intero parco giochi -sottolineano poi dall’Associazione modicana, che si mette disposizione dell’Amministrazione Comunale, per ogni eventuale suggerimento, ma semplicemente permettere ai bambini con disabilità di provare la sensazione e l’emozione di poter salire ad esempio in un’altalena costruita appositamente per loro». (S.B.)

martedì 2 giugno 2015

Desideriamo onorare la festa della Repubblica italiana

con questa frase di Luigi Sturzo, tratta da un discorso al Senato della Repubblica il 27 giugno del 1957, sperando che possa servire a scuotere le coscienze...

La Costituzione è il fondamento della Repubblica. 
Se cade dal cuore del popolo, se non è rispettata dalle autorità politiche, se non è difesa dal governo e dal Parlamento, se è manomessa dai partiti verrà a mancare il terreno sodo sul quale sono fabbricate le nostre istituzioni e ancorate le nostre libertà.

lunedì 1 giugno 2015

Da oggi il catasto si aggiorna solo via web

01/06/2015 - Da oggi gli atti di aggiornamento catastale viaggeranno esclusivamente online. Diventa infatti obbligatorio per i professionisti l’invio via web all'Agenzia delle Entrate dei documenti per l’aggiornamento delle banche dati catastali.
Catasto digitale
L’agenzia delle Entrate ha ricordato che l’obbligo riguarda l’invio dei documenti catastali relativi sia a nuove costruzioni sia a variazioni dell’esistente come fusioni, frazionamenti, ampliamenti o ristrutturazioni su un immobile. Fino a ieri l’invio telematico è stato possibile in via facoltativa ma da oggi, 1° giugno 2015, diventa obbligatorio per i professionisti, come geometri, ingegneri, architetti, dottori agronomi e periti, che dovranno inviare gli atti di aggiornamento catastale solo via internet, utilizzando il software messo a disposizione dalle Entrate. ll provvedimento stabilisce che dal primo giugno 2015 i professionisti abilitati alla predisposizione e alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale utilizzino solo il Modello Unico Informatico Catastale (MUIC).
Con il MUIC potranno essere presentati i seguenti atti di aggiornamento:
- le dichiarazioni per l'accertamento delle unità immobiliari urbane di nuova costruzione;
- le dichiarazioni di variazione dello stato, consistenza e destinazione delle unità immobiliari già censite;
- le dichiarazioni di beni immobili non produttivi di reddito urbano, ivi compresi i beni comuni, e relative variazioni;
- i tipi mappali;
- i tipi di frazionamento;
- i tipi mappali aventi anche funzione di tipi di frazionamento;
- i tipi particellari

Aggiornamento catastale telematico: i vantaggi
Grazie all'invio tramite web, i professionisti possono trasmettere le istanze di aggiornamento catastale all'Agenzia delle Entrate comodamente dal proprio ufficio, senza doversi recare presso gli sportelli, in ogni giorno della settimana e in qualunque momento della giornata.
La ricezione dei dati in formato digitale, inoltre, permetterà all'Agenzia di migliorare notevolmente la qualità dei dati catastali e contribuirà a snellire i tempi necessari per l’aggiornamento delle proprie banche dati, consentendo inoltre un risparmio di risorse e una maggiore trasparenza.
Le Entrate fanno sapere che gli Uffici provinciali territoriali forniranno un supporto ai tecnici professionisti, nella fase di avvio della obbligatorietà della trasmissione telematica, anche per i casi di irregolare funzionamento del servizio telematico, al fine di consentire comunque la ricezione di tutti gli atti di aggiornamento, sottoscritti con firma digitale.

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